Non molti sanno che l'Italia ha dato un contributo notevole alla nascita di quella sezione della storia antica che si specializza in egittologia, così come intesa ai nostri giorni.
Un posto d'onore spetta a Giovanni Battista Belzoni, personaggio molto spesso dimenticato e messo in secondo piano dagli addetti ai lavori.
Figlio di un barbiere, nasce a Padova nel 1778, oltre ad essere un bell'uomo aveva una statura ed una forza eccezionale. Dal carattere avventuroso si esibisce nelle piazze con numeri da circo riuscendo a lavorare con una compagnia teatrale in Inghilterra e al seguito di un circo.
Di intelligenza fervida si occupa anche di idraulica inventando macchine per il sollevamento dell'acqua e il suo girovagare per l'Europa lo porta ad incrociare uomini importanti. Uno di questi, un agente del Pascià d'Egitto, avendo sentito decantare la sua ruota idraulica lo invita a recarsi sulle rive del Nilo dove forte è il bisogno di migliorare i sistemi di irrigazione.
La ruota idraulica non fu per Belzoni la sua “ruota della fortuna”, ma il destino aveva ben altro in serbo per lui. Il soggiorno in Egitto dal 1815 lo coinvolge a tal punto da assumere usi e costumi locali ma a corto di mezzi si mette a ricercare statue ed oggetti da mandare in Europa che a quell'epoca erano ricercati da collezionisti. Si innamora dell'Egitto e percorre il Nilo insieme alla moglie fino alle porte del Sudan dove è incaricato di liberare un tempio semisepolto dalla sabbia.
Il giorno 1 agosto del 1817 Belzoni, dopo aver lavorato mesi per liberare l'ingresso dalla sabbia entra per primo nella sala del Tempio Grande dopo secoli di oblio.
Nelle sue memorie descrive così quel momento:
“"Entrammo nel più bello e più vasto speos dell'Egitto. Il nostro stupore crebbe quando scoprimmo che era uno dei santuari più ricchi, decorato di bassorilievi, pitture, statue colossali di grande bellezza......”".
Segue poi una dettagliata esposizione di misure, inventariando le sale e contando i pilastri. Belzoni passa rapidamente davanti a delle scene, la cui ignoranza dei geroglifici, normale a quell'epoca, non gli permetteva di comprendere il costruttore di quella meraviglia.
Si trattava del magnifico tempio di Abu Simbel con le colossali statue di Ramses II, famoso e importante sovrano della XVIII dinastia vissuto intorno al 1230 a.C.
Tempio definito dall'Unesco patrimonio dell'umanità e spostato di sede per non essere sommerso dalle acque a seguito della costruzione della diga di Assuan.
Una incisione scolpita nel muro del tempio ricorda l'evento, ma per gelosie il nome di Belzoni fu scalpellato e in un secondo tempo reinciso.
Instancabile nel catalogare, misurare e prendere calchi funge da esempio di come procedere gettando le basi per una metodologia scientifica. Inoltre la sua caparbietà e le sue intuizioni lo portano ad altri importanti ritrovamenti.
Dopo aver lasciato Abu Simbel nel risalire il Nilo si ferma a Luxor e nella Valle dei Re dove scopre numerose tombe fra cui la tomba di Sethi I, padre di Ramses II. Conosciuta anche come Tomba Belzoni è la più bella e più grande tomba di re a noi nota. Si addentra nella roccia per circa 120 metri con lunghi corridoi e scale discendenti, sale con pilastri fino alla camera sepolcrale con la volta alta alcuni metri, dipinta a cielo stellato e divinità. Lo stesso Belzoni ci racconta l'emozione della scoperta: "“Vorrei chiamare questo un giorno fortunato, forse il migliore di tutta la mia vita. Non voglio dire che il destino mi abbia fatto ricco, ma io non ritengo felice la gente ricca ed esso mi ha dato quella suprema gioia di scoprire qualcosa che non si può comperare, la gioia di scoprire qualche cosa che è stata inutilmente cercata per tanto tempo , quella di regalare al mondo un monumento che può essere indicato come superiore a ogni altro come elevatezza, stile e stato di conservazione che sembra sia stato terminato appunto nel giorno in cui noi vi abbiamo messo piede".”
Amareggiato dalla stampa europea che attribuiva ad altri il merito delle sue scoperte e osteggiato da francesi ed inglesi per alcune controversie, tornando al Cairo rammenta che non è stato ancora esplorato l'interno della piramide di Chefren. Diventa per lui un pensiero che non lascia fino a quando riesce nell'intento arrivando fino alla camera del sarcofago, e lasciando, onde evitare contestazioni, una sua firma a caratteri cubitali.
Nonostante le numerose scoperte di Giovanni Battista Belzoni, io ho ricordato solo le più importanti. Non è particolarmente celebrato e il suo nome è ricordato in pochi libri anche se molti reperti, che oggi sono in vari Musei Italiani ed Europei, portano la sua firma.
Muore il 3 dicembre 1823 a soli 45 anni sulle coste della Nigeria dove si preparava ad una nuova avventura.
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